C’è un compleanno importante che riguarda tutti noi, anche chi magari non sa nemmeno di doverlo festeggiare. Parlo del Codice del Consumo, che quest’anno compie vent’anni. Due decenni in cui questa legge a tutela del consumatore, entrata in vigore nel 2005, ha fatto da scudo e da bussola per milioni di cittadini italiani. Un punto fermo in un mondo che cambia alla velocità della luce.
Noi lo scorso 17 marzo (Giornata mondiale dei diritti dei consumatori) c’eravamo a Palazzo Piacentini – sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy – per celebrare questa ricorrenza assieme alle istituzioni, al mondo accademico e alle altre associazioni dei consumatori. Un bel momento di confronto ma anche di orgoglio: perché se oggi si parla di diritti, di trasparenza e di equità nei rapporti di consumo è anche grazie all’impegno quotidiano di chi, come noi, difende i cittadini utenti tutti i giorni.
Ma facciamo un passo indietro. Quando è nato il Codice del Consumo, l’Italia era un altro Paese: meno digitale, meno interconnesso ma già alle prese con pubblicità ingannevoli, truffe ai danni dei cittadini, contratti poco chiari, garanzie “fantasma”. Questo codice ha messo ordine nel caos, fissando regole semplici e diritti chiari: se un prodotto è difettoso, hai diritto alla sostituzione o al rimborso. Se ti ingannano con una pubblicità falsa, puoi far valere le tue ragioni. Se firmi un contratto, devi poterlo leggere, capire e, se serve, anche disdire.
Sono concetti semplici ma rivoluzionari per l’epoca. E oggi? Oggi servono ancora, eccome. Solo che nel frattempo il mondo è cambiato. La sfida adesso è il futuro. Oggi il negozio sotto casa è diventato anche una piattaforma online. Facciamo acquisti mentre siamo sul divano, paghiamo con lo smartphone, firmiamo contratti con un click. Tutto comodo, certo. Ma anche pieno di rischi. Chi tutela la nostra privacy e la nostra sicurezza? Chi ci dice se una recensione è vera o inventata? Chi ci difende dalle fregature dietro una bella foto patinata, un biglietto non rimborsato o una pratica commerciale scorretta?
Ecco perché il Codice del Consumo non può restare fermo. Deve evolversi. Deve parlare il linguaggio dell’AI, delle app, dei marketplace globali. E deve farlo senza dimenticare nessuno: nemmeno chi con la tecnologia ha poca confidenza o chi vive in zone dove l’accessibilità digitale è ancora un miraggio. Il futuro del consumo sarà digitale, certo. Ma anche sostenibile. I consumatori oggi sono più attenti e più esigenti. Vogliono sapere da dove viene ciò che comprano, quanto impatta sull’ambiente e se rispetta chi lo produce. Vogliono fare scelte etiche e vogliono essere messi nelle condizioni di farle. Anche qui serve una nuova stagione di diritti. Diritti che non siano solo scritti su un foglio ma che si realizzino nella vita quotidiana delle persone.
E Udicon, come le altre Associazioni, che ruolo svolge in questo contesto? Un ruolo enorme. Perché siamo noi che ci mettiamo la faccia quando un cittadino viene truffato. Siamo noi che denunciamo pratiche scorrette, facciamo informazione, promuoviamo leggi migliori e aiutiamo chi non ha voce a farsi sentire. Vent’anni fa forse ci guardavano con sospetto, come se fossimo degli “avvocati dei rompiscatole”. Oggi siamo interlocutori seri, rispettati e soprattutto utili. E continueremo a esserlo. Con determinazione, con passione, con competenza. Abbiamo ancora molto da fare. Nuove sfide ci aspettano. Ma se una cosa l’abbiamo imparata è che il consumatore non è mai solo. E noi ci siamo. Da vent’anni. E ci saremo anche nei prossimi venti.