In occasione della giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, ospite ai microfoni di
Radio Udicon, l’educatrice Chiara Ragugini
- Iniziamo a parlare del disturbo dello spettro autistico: cos’è e soprattutto come si manifesta? Come percepiscono la realtà che li circonda?
I disturbi dello spettro autistico sono condizioni in cui le persone hanno difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, usano il linguaggio in modo diverso e, a volte, non parlano affatto. A livello comportamentale, presentano alcuni comportamenti limitati e ripetitivi. Questa condizione rende difficile la relazione con gli altri e con la realtà. Se potessimo veramente sapere come percepiscono la realtà, sarebbe molto più facile. La grande difficoltà che si incontra con le persone neurodiverse è proprio questa. Vorremmo che prima o poi vedessero le cose come tutti gli altri e non comprendiamo che non è possibile. Invece di cercare territori comunicativi comuni, cerchiamo di farli rientrare nei nostri standard, dimenticando che anche per ognuno di noi è difficile accettare la realtà.
- In che momento o quanto precocemente si può riconoscere l’autismo, soprattutto nei bambini?
Di solito ci si accorge del problema verso i due o tre anni, quando il bambino comincia a dimostrare problemi relazionali e un ritardo nella comunicazione verbale. Ad oggi, è ancora molto difficile accorgersi precocemente della presenza di tale disturbo, anche quando si è seguito bene e si è dei genitori attenti. Nessun genitore è pronto a vedere un eventuale problema nel proprio figlio.
- Esiste ad oggi una cura? In quale modo i ragazzi/bambini vengono seguiti? Quali attività ludiche possono fare? Come possiamo farli sentire parte della società odierna?
I disturbi dello spettro autistico rientrano nella categoria della neurodiversità, quindi non c’è una cura. Sono persone con una sensibilità diversa, una visione del mondo ai più sconosciuta, non per questo meno valida di quella della maggior parte delle persone. La cosa più importante è capire il loro modo di comunicare e sostenerli e aiutarli a trovare un modo per stare nella realtà. I disturbi dello spettro autistico vengono seguiti in varie modalità e interventi. Il metodo ABA, uno dei più conosciuti, è valido ma non con tutte le persone neurodiverse. I disturbi dello spettro autistico sono talmente tanto vari che non esiste un’attività ludica o ricreativa specifica. Certo, a molti dà fastidio il rumore eccessivo o la presenza di forti stimoli, ma non è una caratteristica sempre presente. Ritengo sia importante creare con loro una buona base relazionale, basata su ascolto e apertura mentale, per capire cosa possa veramente piacere loro. Questo è anche alla base del loro inserimento in una società difficile come la nostra.
- Ad oggi, quali sono le forme di autismo che conosciamo? E soprattutto, cosa possiamo fare per migliorare la loro qualità di vita, soprattutto in ambito sociale?
Negli ultimi anni, il modo di vedere e categorizzare il disturbo dello spettro autistico è cambiato molto. Le persone autistiche ad alto funzionamento hanno da tempo portato avanti una lotta sociale affinché i normodotati capiscano che le persone neurodiverse hanno una percezione diversa della realtà, che non è una malattia. In passato esistevano diverse forme di autismo perché le persone sentivano il bisogno di categorizzare ciò che non conoscevano. Lo spettro autistico è stato teorizzato perché lo studio costante e continuo di questi disturbi ha portato gli esperti del settore a notare come le persone neurodiverse cambiano nel tempo. Si spostano nell’arco della loro vita lungo lo spettro autistico esattamente come succede a tutti noi nel corso della vita, quando cambiamo, ci adattiamo e talvolta ci scontriamo con la realtà. Per migliorare la loro qualità di vita, c’è bisogno di costruire una società veramente inclusiva, attenta e aperta.
- Parlando dei genitori, quali consigli si sente di dare?
Ho molta esperienza in questo ambito e penso che i genitori abbiano soprattutto bisogno di essere sostenuti. Essere genitori è già molto difficile, ma avere un figlio neurodiverso pone il genitore di fronte alla profonda disillusione dei sogni e delle aspettative. Sostegni adeguati e professionali possono fare la differenza nella costruzione di una vita familiare serena. Quindi, l’unica cosa che posso consigliare è di non vergognarsi di chiedere aiuto e il supporto di professionisti come psicologi e coach specializzati.