Abbiamo intervistato Antonio Russo, responsabile di una delle palestre romane a seguito delle riaperture delle attività.
Quali sono state le tue maggiori preoccupazioni all’inizio del primo lockdown?
Me lo ricordo benissimo, pensavamo durasse poco solo per 15 giorni, in realtà sono diventati ben 80. Noi abbiamo cercato di dare fondo alle nostre risorse per andare avanti, non è stato di certo facile, soprattutto nella situazione mai capitata prima di ora. La nostra è una palestra immensa, pertanto è stato difficile gestire ben 1000 m² di struttura, e soprattutto, stabilire se spegnere gli impianti o farli andare al minimo.
Quale grave impatto economico ha colpito la tua palestra durante il primo lockdown?
Dobbiamo avere due visioni diverse: ovvero, il primo lockdown abbiamo imparato a gestirlo anche se le spese correvano, perché avendo anche una piscina all’interno, ovviamente il motore doveva rimanere attivo, inoltre il fitto e le utenze sono stati il problema maggiore. Il secondo lockdown è stato un massacro, perché venivamo da un periodo particolare di profonda crisi, e i mesi di settembre e di ottobre, che di solito sono i mesi clou, dove la gente comincia ad iscriversi, sono rimasti inattivi, da lì in poi c’è stato il crollo definitivo. Devo dire però che grazie all’impegno del ministro Speranza abbiamo avuto i primi contributi a fondo perduto, e a gennaio con il ristoro numero 5, quest’ultimo però mai ricevuto perché è crollato con la caduta del governo Conte.
Andiamo un po’ più nello specifico, secondo te, quale impatto psicofisico ha avuto nelle persone, non potersi recare in palestra e non sapere quando poter tornare?
È stata una delle parti più difficili da gestire in quanto neanche noi sapevamo nulla su cosa rispondere. La nostra struttura è una palestra di quartiere quindi si era creato all’interno un ambiente familiare che va dagli studenti universitari alle signore che facevano esercizi posturali. Ripenso ancora al controsenso di quel periodo, ovvero lasciare le palestre chiuse e nel contempo vedere persone assembrate in giro senza mascherina. Credo che ai nostri clienti sia mancato essenzialmente il rilassamento mentale, il sentirsi bene all’interno di una struttura mentre si effettuano esercizi fisici, una sorta di seconda famiglia, dove stare in tranquillità, divertirsi e lavorare tutti insieme.
Chiudiamo questa intervista con una nota positiva, cosa speri per il futuro?
Faccio affidamento sicuramente sui vaccini, spero che le persone possano superare la paura di ripartire, di tornare a vivere sereni, perché di paura ora si parla e anche troppo se ne parla! Spero che ritornino i bei tempi delle palestre, ovvero che le persone ritornino a socializzare e ad allenarsi all’interno di una struttura sicura come la palestra, far diventare ancora una volta la palestra, come un luogo dove potersi divertire e stare per qualche ora in compagnia, e non una sorta di incubo da dover vivere per paura del virus. Posso dire con certezza che il vaccino per ora è l’unica speranza di un futuro migliore.
Kevin Mirto